La ringrazio e, come ho concordato con lei, sono lieto di presentare il suo scritto nel blog.
FRANCESCO
PELLICCIA detto Bataclan o Blanblan
Che fenomeno!
Era un omone grande e grosso senza più famiglia
prossima, viveva un po’ allo sbando, dormendo dove capitava, truffando,
rubacchiando, lavoricchiando. All’occorrenza faceva lo stagnino, pitturava
ambienti con una certa vena artistica,
si era costruito delle marionette
alle quali prestava diverse voci e che esibiva per la gioia dei bambini
di Guinadi contro un obolo di qualche centesimo (mio padre si ricordava uno
spettacolo sotto le arcate della bottega vecchia e il nome di due marionette:
Pulogna e Shandron).
Era anche un poeta alla sua maniera, componeva
“trabacle”per gli sposi, sempre contro un conquibus di vettovaglie, e soprattutto
aveva sempre la parola pronta all’ironia e si divertiva a sorprendere la gente
con frizzi e lazzi.
Le sue imprese sono rimaste memorabili e vengono
tramandate ancora al giorno d’oggi.
Eccone alcune.
Come detto si arrangiava con qualche furtarello. Così
un giorno transitando per il paese di San Lorenzo vide stese ad asciugare nell’orto sotto la chiesa le camicie del
prete e ne rubò una. Bisogna sapere che
questo prete aveva il gozzo, per cui probabilmente la camicia sarà stata fatta
su misura. Ma Francesco non faceva certo lo schizzinoso, a caval donato non si
guarda in bocca. E se la indossò tranquillamente.
Accadde che poco tempo dopo incontrasse il prete che
lo salutò chiedendo “allora Francesco, come va?” e Francesco di rimando “è un
po’ larga da collo ma va bene lo stesso” “ah Francesco ce ne avete sempre una
delle vostre!” disse il buon prete. E
Francesco lo fulminò così “no, questa volta è proprio una delle vostre”.
Era anche dispettoso e irrispettosamente investiva le persone con la sua espressione
preferita “na bela merda”. Forse ormai la gente non ci faceva caso ma la zia
Caterina (la za Caten) di Matellaccio (nata Callegari) gli disse “ a me,
Francesco, non mi prenderete mai”, e lui “ oh sì che vi prenderò”.
Un giorno lui era seduto sul muretto della vasca, la
zia spuntò dall’angolo della volta di minghen, che veniva dal piagnaro dove era
stata a rigovernare la mucca. Lesto Francesco saltò giù dal muretto e si mise a
cercare nel canaletto dove scorreva l’acqua,
chiedendosi a voce abbastanza
alta perché lei lo sentisse “ma dove
sarà, eppure è caduto qui”. La zia arrivò alla sua altezza e gli chiese “cosa
cercate Francesco” e lui, che non aspettava altro “na bela merda Caten”. La zia
capì e gli disse “questa volta me l’avete proprio fatta”. E lui, finalmente
soddisfatto “ve l’avevo detto che ve l’avrei fatta!”
Un giorno
si sparse la voce in paese: Bataclan è
morto!
Quale non fu la sorpresa quando lo videro scendere dal
treno al Borgallo. Il padre della Luciana, Guido Andreetti, che era ferroviere,
gli andò incontro dicendogli “Francesco!
Dicevano che eravate morto!” e lui “o sì
ninen è vero, ma ho visto che nessuno mi è venuto a prendere e allora
sono venuto su da solo”
Ogniqualvolta c’era un furtarello dicevano “sarà stato Bataclan”. E così un
giorno arrivarono i carabinieri. Lui si era nascosto in una cascina in
Vardiago. I carabinieri lo vennero a sapere e andarono a bussare all’uscio. Lui
da dentro chiese chi ci fosse. E loro: “è la forza” “se c’è la forza che
spinga” rispose, e se la diede a gambe
attraverso un buco che prudentemente aveva fatto sul retro della cascina,
dileguandosi giù per la Verdesina, dove non lo ritrovarono più.
Una notte era alla posta in quel di Vignola in un orto
di fagioli, verosimilmente per rubarli. Arrivò un “concorrente” che aveva le
sue stesse intenzioni. Manifestandosi
gli disse “guarda che io sono incaricato dal proprietario di fare la
guardia ai fagioli, per cui se vuoi cavartela senza guai è meglio che mi
paghi”. Il malcapitato lo pagò, ben contento di cavarsela a buon conto (cornuto
e mazziato). E Francesco forse dopo avrà anche rubato i fagioli!
Giocare con le parole, questa era la sua specialità.
Una volta la Castellotti Maria (la mamma della Clelia)
aveva un anello da allargare e siccome lui era capace di farlo gli chiese se le
faceva questo lavoro. Lui non sprecò
tante parole e le disse semplicemente “ e dammelo!” Lei glielo diede e aspettò
un bel po’ che glielo restituisse, poi si decise a chiederglielo. E lui pronto
“ma me l’hai dato!”
Andava vestito alla bell’e meglio, con gli abiti che
gli piangevano addosso e con delle scarpacce che gli ridevano ai piedi e
gridavano vendetta. Si presentò una volta alla bottega, dove vendevano, oltre ai commestibili, anche mercanzie varie.
Sicuramente lui aveva già adocchiato un paio di pantofole, quelle di pezza con
la gomma sotto, appese al muro. E così
disse alla Ida (la mamma di Renato) che le avrebbe volute provare
per vedere se gli calzavano. Le disse
anche che non si azzardava, cioè non
osava, provarsele in negozio (facendo capire che lo stato dei suoi piedi
lasciava alquanto a desiderare) e che avrebbe preferito andarle a provare di
sotto, dove ci sono le arcate. La Ida in
buona fede gli disse che facesse pure.
Non vedendolo tornare andò a vedere e trovò come ricordo un bel paio di scarpacce
vecchie.
Mio nonno Bartolomeo lo aveva ingaggiato per pitturare
una camera da letto nella casa nuova, dove lui eseguì una magnifica corona di
fiori al centro del soffitto. Mia mamma era una bambina e girellava nel fondo,
dove lui si trovava in quel momento, mangiando qualche cosa. Lui la guardò e
molto seriamente le chiese “mangi?“ “Sì”
“e allora saresti una maiadura” giocando sul doppio senso di mangiatora (che
mangia) e mangiatoia (dove mangiano le bestie).
Un’altra volta transitando per la strada del Castello
incontrò mia zia Linda che era piccolina. Lui aveva qualcosa in mano che faceva
ballonzolare e lei timorosa si tirava indietro al suo passare. Lui guardandola
e facendo andare il braccio volutamente avanti e indietro disse “e io faccio
sempre così”, divertendosi della bimba che si allontanava indietreggiando.
Se fosse vissuto al giorno d’oggi ed avesse avuto
l’istruzione adeguata sarebbe stato un “multi genio”, abile nei lavori manuali,
abile attore, abile scrittore ed abile oratore. Ce lo saremmo ritrovato in
televisione magari a fare concorrenza a Sgarbi e sicuramente avrebbe fatto più bella figura di
tanti quaraquaqua che appestano le nostre giornate televisive.
PS:
non sapendo esattamente né la data di nascita, né la data di morte, ipotizzo
che fosse nato intorno agli anni 1880, poiché quando mia mamma e mio padre
erano bambini erano gli anni ’30 e lui era già un uomo di mezz’età. Farò
indagini accurate nei documenti della Curia in mio possesso. Da qualche parte
ho pure una foto sua che al momento non saprei dove trovare…
In quanto
al nome Bataclan, anch’io ho sempre supposto che fosse ispirato dal nome del
locale di Parigi, che, essendo molto conosciuto, deve essere stato famigliare
ai vecchi di Guinadi (fra i quali anche
i miei nonni) che erano emigrati in Francia, anche prima della Grande
Guerra.
E
siccome è un nome molto particolare (ispirato dall’operetta Ba-ta-clan di
Offenbah), deve aver colpito la fantasia dei guinadesi che l’hanno poi
attribuito a Francesco.
Quando
ero in Francia io, erano gli anni ’60, ricordo che era ancora un cinema.
SCRITTO DA FRANCA MARIONI ... DI GUINADI
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